Il 6 aprile, in pieno lockdown, scontri tra agenti e detenuti nel penitenziario di Santa Maria Capua Vetere dopo la notizia di un caso di positività al Covid-19 tra le mura dell’istituto.

Una misura interdittiva emessa dal gip di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) è stata notificata stamattina al provveditore delle carceri della Campania Antonio Fullone. La misura cautelare è stata emessa nell’ambito dell’indagini sulle violenze avvenute nel carcere casertano, il 6 aprile 2020, in pieno lockdown, durante una rivolta dei detenuti.

La notifica degli avvisi di garanzia agli agenti della polizia penitenziaria indagati, avvenuta l’11 giugno 2020, da parte dei carabinieri, provocò vibranti polemiche per la modalità d’esecuzione: alcuni poliziotti infatti salirono sui tetti dell’istituto penitenziario per protestare perché alcuni degli avvisi erano stati consegnati proprio fuori la sede dell’Istituto di pena, davanti ai familiari dei detenuti.

I carabinieri di Caserta stanno eseguendo oggi 52 misure cautelari emesse dal gip su richiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) nei confronti di appartenenti al corpo della polizia penitenziaria coinvolti negli scontri.

La rivolta

La scintilla fu la scoperta che uno dei circa quattrocento detenuti, addetto alla distribuzione della spesa, era stato messo in isolamento con la febbre alta ed era risultato positivo al coronavirus. Scattò la protesta che ben presto degenerò. Più di cento detenuti del reparto Nilo cominciarono a battere contro le sbarre delle celle e subito dopo costruirono una barriera fatta con le brande. Chiedevano protezione dal virus e in particolare: igienizzanti, mascherine e guanti.

Minacciarono con olio bollente chiunque cercava di avvicinarli. Il giorno dopo ci fu una perquisizione del reparto Nilo, ma l’iniziativa degenerò con forti tensioni tra agenti e detenuti. Vennero trovati e sequestrati spranghe ricavate dalle brande, bacinelle piene d’olio, numerosi pentolini per farlo bollire.

In seguito arrivarono le segnalazioni di familiari di detenuti e la denuncia dell’associazione Antigone che segnalava aggressioni ai carcerati che sul corpo avrebbero presentato i segni di percosse e manganellate. “Detenuti denudati e picchiati da agenti con i caschi in testa”, diceva la denuncia.

Di qui l’apertura di una inchiesta che sfociò in 57 avvisi di garanzia, con ipotesi di reato gravissime come la tortura.

FONTE: La Repubblica di Napoli.

Di Ufficio Stampa

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