La ricostruzione delle presunte attività illecite dell’ex direttore Porcino e degli altri indagati, ma anche una decina di richieste di archiviazione tra cui quella per Lara Magoni e Giovanni Malanchini

A due anni dall’arresto dell’ex direttore Antonino Porcino si chiudono le indagini preliminari per l’inchiesta sul carcere di Bergamo. Era l’undici giugno 2018 quando carabinieri e guardia di finanza suonarono al citofono dell’abitazione in Città Alta dell’ex numero uno di via Gleno, 65 anni, che era andato in pensione solo un mese prima. Con lui finirono in manette altre cinque persone accusate di far parte di quel sistema di gestione del penitenziario definito dai pm Emanuele Marchisio e Maria Cristina Rota “sconsiderato e spregiudicato”.

Dopo lunghi e complessi accertamenti, con un numero notevole di telefonate e messaggi trascritti, nei giorni scorsi è stato depositato l’avviso di chiusura indagini preliminari. Oltre a Porcino, assistito dagli avvocati Marco e Riccardo Tropea, sono coinvolti, tra gli altri, il direttore sanitario del carcere Francesco Bertè, il capo della polizia penitenziaria a Bergamo Antonio Ricciardelli, il commissario Daniele Alborghetti e due imprenditori di Urgnano, Mario e Veronica Metalli, padre e figlia, per un totale di 22 indagati.

L’inchiesta, dei carabinieri di Bergamo e Clusone e delle Fiamme Gialle di Bergamo, era partita un anno prima da un mandato d’arresto emesso dal tribunale di Vibo Valentia (Calabria) per truffa aggravata nell’ambito dei lavori di riqualificazione di un tratto della Salerno-Reggio Calabria. Era l’aprile del 2017 e quell’uomo, l’imprenditore di Dalmine Gregorio Cavalleri, doveva andare in carcere a Bergamo ma secondo l’accusa evitò la cella e finì in clinica grazie a certificazioni mediche per uno “choc emotivo” che invece agli inquirenti non risulta.

Da quel fatto è emerso ben altro. Come gli  episodi di corruzione legati a un contratto di fornitura, in esclusiva, di distributori automatici per alimenti, bevande e tabacchi all’interno del carcere di Monza dove era in servizio Alborghetti.

Ma il capitolo più corposo è quello su Porcino. L’appartamento dell’ex direttore del carcere, a Lallio, secondo la procura sarebbe stato ristrutturato grazie alla manodopera di personale della polizia penitenziaria e  con la sottrazione di materiali di proprietà del dipartimento carcerario.

Gli autoveicoli del carcere sarebbero stati usati, poi, sempre per l’accusa, per le esigenze private dello stesso Porcino, che avrebbe anche beneficiato anche di trattamenti privilegiati di riposo medico per patologie inesistenti e del pagamento di licenza non fruita al momento della pensione. Per non parlare dei tentativi di violenza sessuale a detenute e dipendenti della struttura.

Oltre chiusura delle indagini i magistrati hanno chiesto al giudice per le indagini preliminari l’archiviazione per altri indagati, una decina, la cui posizione è stata riqualificata rispetto agli altri coinvolti. Tra questi, anche l’attuale assessore regionale al Turismo, la bergamasca Lara Magoni e il consigliere regionale Giovanni Malanchini.

Fonte:Bergamonews.it

Di Ufficio Stampa

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